International Poultry Forum: un’occasione per confrontarsi anche sull’emergenza aviaria che alla data del 5 settembre ha portato all’abbattimento di circa 1 milione di capi e alla distruzione di 5 milioni di uova.
L’appuntamento per gli operatori professionali del settore avicolo è fissato alla Fiera di Cremona il 24 ottobre 2013 e vedrà la partecipazione di specialisti da Olanda, Gran Bretagna e Germania.
Ad oggi sono sei i focolai di influenza aviaria. Le analisi effettuate dall’Istituto zooprofilattico delle Venezie di Padova ha stabilito che il virus è stato portato da uno stormo di anatre. Le accurate analisi epidemiologiche condotte dal Centro di Referenza nazionale per l’influenza aviaria presso l’Istituto zooprofilattico delle Venezie di Padova hanno evidenziato che la causa del primo focolaio del virus H7N7, che ha poi scatenato una reazione a catena coinvolgendo gli altri siti, sono state le anatre portatrici di un virus a bassa patogenicità “trasformatosi poi ad elevata patogenicità quando le galline degli allevamenti coinvolti sono venute a contatto con il terreno dove, con ogni probabilità, erano presenti le feci delle anatre infette”, chiarisce Gabriele Squintani, Responsabile del Servizio veterinario e igiene degli alimenti presso l’assessorato regionale delle Politiche per la salute dell’Emilia Romagna.
Come state intervenendo per circoscrivere questa emergenza sanitaria?
“Esiste un Piano di monitoraggio nazionale che noi, in Emilia Romagna, abbiamo implementato coinvolgendo alcune categorie di animali e aumentando la frequenza dei controlli – spiega Squintani – La prima Ordinanza regionale è stata emessa immediatamente dopo la scoperta del primo focolaio. In pratica, è stata attivata una zona di protezione e sorveglianza nel raggio di 10 km rispetto all’allevamento infetto. A questo provvedimento e per questa specifica emergenza il ministero della Salute ha previsto un ampliamento della zona di controllo, definita zona di attenzione temporanea, che coinvolge principalmente l’attività di movimentazione di animali e uova al fine di togliere pane, mi si passi l’espressione, al virus”.
Quando si potrà dire di essere fuori dall’emergenza e quando, soprattutto, gli allevatori potranno ripopolare i loro allevamenti?
“Le procedure comunitarie sono ancora una volta molto chiare – afferma Squintani – si può parlare di ritorno alla normalità quando siano trascorsi 21 giorni dalla disinfezione effettuata immediatamente dopo la scoperta dell’ultimo focolaio senza che nel frattempo si siano verificate delle recidive. Proprio ieri (4 settembre, ndr) abbiamo dovuto registrare l’ultimo caso, il sesto, peraltro in un’area del Ferrarese particolarmente distante dagli altri cinque. Per il momento è quindi prematuro parlare di emergenza conclusa”.
E’ possibile, seppure approssimativamente, fare una stima dei danni causati dal virus H7N7?
“Snocciolare numeri, in questo momento, non sarebbe corretto. Di certo si tratta di un danno economico elevatissimo per l’intero comparto avicolo nazionale, comunque nell’ordine di diversi milioni di euro”.
Gli allevatori potranno contare su eventuali risarcimenti?
“Sì – puntualizza il funzionario regionale – esiste un cofinanziamento erogato dalla Comunità europea e dallo Stato italiano che risarcisce l’allevatore del costo di mercato degli animali abbattuti, del mangime e delle uova distrutte, mentre le spese di abbattimento e di smaltimento delle carcasse sono a carico dell’Asl”.
Per evitare situazioni di tale emergenza non sarebbe opportuno vaccinare gli animali?
“In campo zootecnico l’orientamento è quello di evitare il più possibile le vaccinazioni. In parte perché si potrebbe indurre gli allevatori ad abbassare la guardia sulle attività di biosicurezza in allevamento che invece devono essere sempre più incentivate e implementate e che sono proprio quelle che possono evitare situazioni come quelle che stiamo fronteggiando in queste settimane, e in parte perchè i limiti commerciali che alcuni Stati impongono nei confronti dei Paesi che vaccinano rappresenterebbero, ovviamente, un ostacolo economico molto rilevante”.
Spesso, anche a causa di una cattiva informazione, le emergenze sanitarie di questo tipo generano il panico che a sua volta provoca un calo verticale dei consumi, in questo caso avicoli e di uova. Possiamo fornire una parola chiara e soprattutto tranquillizzante ai consumatori?
“Certo – sottolinea in conclusione Squintani – I consumatori possono continuare a mangiare carne avicola e uova perché non esiste nessun rischio per la loro salute. Diverso il discorso per gli operatori che lavorano a stretto contatto con gli animali infetti. I due casi che abbiamo registrato in questi giorni ne sono la riprova ma, tengo a precisare, il rischio riguarda solamente chi opera in allevamento infetto”.
Foto by Fiera di Cremona