Avete mai sentito parlare di Speakeasy bar? Si tratta di locali nascosti diventati celebri durante l’epoca del Proibizionismo americano. Nel 1920 venne vietato negli Stati Uniti il commercio e il consumo di alcol, ma molti si rifiutarono di accettarlo e trovare alcune soluzioni illegali per continuare a consumarlo. Alcuni dei cocktail tradizionali sono giunti fino a noi, scopriamone alcuni. 

Da cosa nasce la moda Speakeasy?

Il termine Speakeasy comparve per la prima volta in Pennsylvania nel 1888 a seguito di un aumento della tassazione sui saloon del 900%. Inutile dire che lo stato vide il crollo del numero dei bar legale e quindi l’apertura di attività clandestine. Un giorno in uno di questi bar la proprietaria, Kate Hester, ammonì i suoi clienti dicendo “speak easy, boys”, che significa “parlate con calma”, per evitare che il rumore proveniente dal locale destasse sospetti.

Il termine da allora venne legato all’immaginario dell’epoca proibizionista, agli ambienti simili a scantinati bui e gestiti dalla malavita. Tra i bar più celebrati vi era quello gestito da Jerry Thomas, un precursore di quello che oggi chiameremmo bartendering e padre della mixologia. La sua fama è talmente grande da aver ispirato un progetto dedicato al suo lavoro, un collettivo che crea miscele uniche nel proprio genere, in grado di ricreare i diversi sapori caratteristici di quegli anni, reperibili anche online sulla pagina dedicata alla cantina Jerry Thomas su Tannico. Si tratta di prodotti destinati sia agli intenditori e agli appassionati di mixology, sia a chi si approccia a questo mondo con curiosità e interesse.

Ad oggi, gli Speakeasy non sono soltanto apprezzati per la loro capacità di immergere il cliente nell’atmosfera dell’epoca, ma anche per l’offerta di drink e liquori che venivano gustati all’inizio del Novecento americano. Molti gestori hanno cercato di mantenere viva la tradizione della segretezza evitando pubblicità di ogni tipo e affidandosi solo al passaparola richiedendo addirittura una parola d’ordine all’ingresso.

3 cocktail giunti fino a noi

Il primo drink che è giunto fino a noi è noto come il Sidecar, un vero classico preparato con Cognac, Cointreau o Triple sec e succo di limone. È piuttosto facile da eseguire in quanto la ricetta non prevede lavorazioni complesse: una volta uniti tutti gli ingredienti all’interno dello shaker vengono mescolati prima con il ghiaccio e poi filtrati di un bicchiere bordato di zucchero. La sua particolarità risiede nell’equilibrio tra dolce-acido che gli permettono di non risultare mai stucchevole.

Il secondo cocktail che presentiamo è il Mary Pickford, il drink creato come tributo alla star americana del cinema muto e riconosciuto addirittura come cocktail IBA dal 1961. A San Francisco negli anni ‘20 un barman dedicò all’attrice un drink a base di rum, succo d’ananas, maraschino e granatina, il cocktail divenne celebre grazie al successivo successo della celebrità di Hollywood. 

Ultimo, ma non per importanza, il Long Island Iced Tea, servito negli Speakeasy molto facilmente in quanto il suo colore camuffava l’alcol all’interno delle caraffe poiché venivano mischiati diversi distillati insieme a zucchero, limone e coca cola, creando un aspetto simile a quello del tè freddo.