Cascina Castlet e il raro vitigno Uvalino - Sapori News Una cantina è prima di tutto un progetto che prende forma, prima sulla terra e alla fine nel vino. Tutto è sorto da due idee semplici e non per questo facili: rispettare la natura ed essere al passo con la tecnologia

Cascina Castlet è derivata dall’essere tenaci in certi momenti ad altri con i piedi per terra, dall’investimento in terre, tecnologia, alla ricerca agronomica.

Le uve, coltivate in 31 ettari di vigna a Costigliole d’Asti, sono quelle del luogo: dalla Barbera al Moscato, dall’Uvalino al Cabernet Sauvignon, allo Chardonnay, presente sul territorio sin dalla fine del ‘700 quando il marchese Filippo Asinari di San Marzano lo piantò per la prima volta in Piemonte.

Cascina Castlet e il raro vitigno Uvalino - Sapori News

 

Cascina Castlet appartiene da generazioni alla famiglia Borio ed è gestita da Mariuccia dalla fine degli anni ’70.
Negli scorsi decenni ha fatto scelto di avere etichette suggestive, a volte provocatorie, molto individuali, con un tocco di estro sui nomi dei vini da Passum a Policalpo, da Avié a Litina, da Goj ad Ataj e a Uceline da Uvalino, dove tutte  racchiudono un racconto, una storia.


 

«Chi sceglie una nostra bottiglia – commenta Mariuccia – ama le cose belle, buone e che fanno sognare. É una questione di etica e di cultura volte a significare prima di tutto rispetto dell’ambiente e di chi ci lavora».

 

Mariuccia da quando si occupò in prima persona della Cascina, applicò criteri innovativi sia nella cura dei vigneti che nella produzione dei vini e nella loro comunicazione.

Cascina Castlet e il raro vitigno Uvalino - Sapori News Presentiamo Uceline Monferrato Rosso DOC 2012 ottenuto dal raro vitigno autoctono Uvalino.
La varietà è stata introdotta nel vigneto sperimentale della Cascina, dove è stato sottoposto a una rigorosa ricerca agronomica prima di creare un vigneto dedicato ed entrare in produzione.
Il vitigno tardivo in maturazione, è raccolto a mano, adagiato in cassette, successivamente collocate in fruttaio per oltre un mese, dove subisce una leggera surmaturazione e appassimento.
Matura in tonneaux di rovere pregiato da 5 ettolitri e poi riposa in bottiglia almeno un anno prima della messa in commercio. 
Esordisce nel calice con una tonalità porpora dalle sfumature granato.
 Ha profumi ampi, intensi, gradevoli dalla frutta rossa matura e spezie dolci, sensazioni assai gradevoli e molto persistenti. Al palato è caldo, equilibrato, con tannini marcati che volgono al dolce col tempo e una buona lunghezza all’assaggio.

Un vino molto piacevole e da ricordare come ottima espressione di un’uva autoctona salvata dall’oblio grazie a una produttrice come Mariuccia Borio.

La sua etichetta rappresenta il volo di un piccolo stormo di uccelli che partono per terre lontane dopo la vendemmia o tornano con la primavera dopo aver passato l’inverno nelle terre calde d’Africa. Come la si voglia leggere è frutto di un’idea semplice e un po’ onirica: le lettere del nome si animano fino a ricreare un volo di uccelli. La soluzione quasi surreale della serigrafia, realizzata direttamente su vetro, si esprime con il colore giallo terra delle sabbie astesane dove cresce la varietà.

di Giovanna Moldenhauer