Tre relatori d’eccezione hanno fatto di questa Masterclass un’occasione per approfondire la conoscenza delle bollicine di montagna del Trentodoc spumante metodo classico.
Il Trentino è un territorio piccolo che al suo interno custodisce una grande varietà climatica, che spazia dal Garda, il primo segno tangibile del mondo mediterraneo per chi arriva dalla Germania, alle Dolomiti, uno straordinario monumento naturale iscritto a giugno 2009 nel Patrimonio Mondiale dell’Unesco. E’ costituito, enologicamente parlando, da un’asse principale, a destra e sinistra del fiume Adige, e da valli laterali. Le realtà produttive che spaziano da grandi nomi e da piccole, talvolta piccolissime realtà, producono in totale circa 130 etichette per un totale di 8.000.000 di bottiglie di cui il 20% esportato. Sono 750 gli ettari coltivati.

Le diverse anime del Trento DOC - Sapori News

Andrea Grignaffini, nota critico gastronomico, ha diviso il palco con Lucia Letrari, enologa dell’omonima cantina e profonda conoscitrice del suo territorio, e Elio Ghisalberti enogastronomo e giornalista.
Tutte le 8 espressioni del Trento DOC erano millesimate. ed esprimevano le varie peculiarità del territorio e della maestria degli enologi sia di cantine private che di cooperative.
Il Brut Nature riserva 2012 di Bellaveder, da 100% Chardonnay le cui uve provenienti da impianti sia a pergola semplice che a spalliera, fermentano sia in acciaio che in barriques. Il naso complesso aveva piacevoli sentori di lievito coniugati a note fruttate tropicali e agrumate. Il sorso piacevolmente fresco, era di corpo, persistente.
Il perlage molto fine e persistente conferiva cremosità in bocca. Il secondo Trentodoc è stato Nature Blanc millesimato 2011 di Opera cantina in Val di Cembra. Ottenuto da uve Chardonnay coltivate su terrazzamenti calcarei da 400 a 600 metri, è stato ottenuto solo dal mosto fiore fermentato in acciaio per poi riposare oltre 40 mesi sui propri lieviti in cantina interrata a temperatura costante. I profumi qui spaziavano dalla mela al mandarino, poi un delicato profumo di lievito e leggeri sentori minerali ne completavano 
il quadro olfattivo.
 La beva più verticale del precedente aveva un’ottima acidità e un retrogusto persistente con note fruttate, accompagnate da sentori di nocciola e mandorla
dolce.
Rotari Alperegis ha proposto il suo Extra Brut 2011 da solo Chardonnay con una permanenza sui lieviti di 48 mesi. Ha esordito con un perlage elegante e omogeneo nel calice, note di mela golden, poi ananas, seguiti da crosta di pane e frutta secca. L’assaggio aveva un sapore intenso, equilibrato e persistente, uno stile asciutto e minerale. Nel complesso un metodo classico più importante rispetto ai primi due ma che ci ha meno emozionato al’assaggio. Seguiva Altemasi Pas Dosé del 2009 da Chardonnay 60% e Pinot nero 40% provenienti da vigneti tra i 450 e i 600 metri. Affinato sui lieviti per 60 mesi non è stato aggiunto zucchero in seguito alla sboccatura. Nel calice aveva un perlage fine e continuo, profumi intensi che richiamavano dalla pesca agli agrumi, al kiwi, a soffi minerali. In bocca era di gran personalità, rotondo, cremoso, sapido e molto persistente. Altemasi è la linea di eccellenza Trentodoc di Cavit.
Il quinto vino era il Brut Rosé 2013 di Pedrotti Spumanti con un dosaggio di 9 grammi litro. Composto da un 75% di chardonnay con il 25% di Pinot nero vinificato in rosa è maturato sui lieviti per 30 mesi. Una tonalità rosa tenue molto elegante, con un perlage fine e persistente, aveva profumi di piccoli frutti rossi e mela oltre a quelli dei lieviti. Il sorso avvolgente e vellutato era bilanciato nell’acidità son un retrogusto di ciliegia e lamponi.
Il sesto vino era la Riserva 1673 Extra Brut 2010 di Cesarini Sforza. E’ prodotto da sole uve Chardonnay provenienti da vigneti a pergola in alta Val di Cembra a 550-670 metri su terreni sabbiosi, sciolti, ricchi in porfido. La prima fermentazione è stata in acciaio, poi dopo avere affinato sulle lisi per 6 mesi circa, ha riposato sui lieviti per almeno 60 mesi.
 Fine e fruttato, con sentori di lieviti e note minerali al naso, ricco al palato aveva un ottimo equilibrio tra freschezza e sapidità, una lunga persistenza. Seguiva il Ferrari Perlé 2010 delle Cantine Ferrari. E’ prodotto da selezionate uve Chardonnay raccolte con vendemmia manuale e provenienti da vigneti di montagna posti nelle zone più vocate del Trentino. Dopo avere affinato minimo 5 anni sui lieviti selezionati aveva un perlage è finissimo e persistente, un bouquet intenso di particolare finezza, con sentori di fiori di mandorlo e mela renetta, leggermente speziato con un accenno di crosta di pane.
 Il sorso seducente con un ottimo ed elegante equilibrio, aveva una persistenza decisamente lunga in cui si avverte una leggera nota fruttata di mela matura, piacevoli sentori di lievito, mandorla dolce e un fondo aromatico tipico del vitigno da cui è prodotto. “Lo stile delle cantine Ferrari – ha commentato Andrea Grignaffini – è sempre ben definito al punto che si può affermare che questo vino è tecnico”.
Chiudeva la masterclass il Letrari Brut Riserva 2010 ottenuto da un 60% di Chardonnay e 40% di Pinot Nero raccolti esclusivamente a mano, lo svolgimento della fermentazione malolattica della basi e una permanenza sui lieviti di almeno 36 mesi per esaltarne 
la morbida eleganza e un residuo zuccherino di 6 grammi litro. “
Il colore nel calice – ha commentato Lucia Letrari enologa della cantina di famiglia – è dorato leggermente carico, brillante e vivace. I vigneti di montagna della Valle Lagarina, da cui provengono le uve, ne infleunzano la tonalità”. Il profumo aveva una gamma di fragranze che vanno dalla crosta di pane ai toni vanigliati, su fondo di crema di mela matura e frutta secca in particolare di nocciole. Il gusto è pieno e rotondo nella sua complessità, dove si trovano le note del frutto maturo rilanciate su un sottofondo di agrumi e spezie. Un vino fresco e vivace, pieno e di solida struttura, con un finale quanto mai persistente, proprio come il suo finissimo perlage.
Ogni Trentodoc di questa Masterclass aveva una sua personalità, piacevolezza di beva rispecchiando al tempo stesso le varie peculiarità del territorio e della maestria degli enologi sia di cantine private che di cooperative.

di Giovanna Moldenhauer