L’acquafrescaio “Aurelio” fa rivivere un mestiere antico della Napoli che fu - Sapori News

La Giunta comunale di Napoli ha approvato, con una recente delibera, il testo del Regolamento per la tutela, la promozione e la valorizzazione degli esercizi e delle botteghe storiche della città.

L’iniziativa è stata presa sia per contrastare la crisi economica, che colpisce pesantemente i settori del commercio, dell’artigianato e delle attività ricettive, sia per dare il giusto risalto al valore storico, artistico, monumentale di queste botteghe che esprimono l’identità cittadina. Possono ottenere il riconoscimento del titolo di “Bottega storica” gli esercizi che portano avanti iniziative economiche improntate al consolidamento delle tradizioni partenopee ed attivi da almeno cinquant’anni nella stessa sede.

Una buona notizia finalmente per quanti resistono alla crisi. Noi ci vogliamo soffermare su un mestiere antico, che si pensava in via di estinzione, quello dell’acquafrescaio, che a Napoli è una tradizione. Oggi, rivisitata in chiave moderna, c’è la bottega di “Aurelio”, l’acquafrescaio della “torretta”, che da cinquant’anni è alla Riviera di Chiaia, 61. Prima infatti c’era il padre Aurelio e oggi Mario continua la tradizione familiare, coadiuvato da giovani baristi, Enzo, Salvatore (di giorno) e Salvatore il nottambulo e Christian. «Una sera sono arrivato al chiosco di Aurelio dopo due giorni di pasti luculliani, praticamente avevo lo stomaco che stava per esplodere, ma la sua “pozione magica” al limone e bicarbonato mi ha salvato la vita facendomi digerire in un attimo, è meglio dell’idraulico liquido, eheheh!!!! » così un commento che appare su TripAdvisor di uno sconosciuto avventore.

È proprio vero che a spegnere l’arsura dell’ estate napoletana ci pensa “Aurelio”, riconoscibile per tutte le arance e i limoni messi in bella mostra con stile, a corona della finestra dove solerti si alternano lo stesso titolare Mario e i ragazzi che sono a disposizione degli avventori, sempre con una parola gentile ed un sorriso, dalle sei di mattina a notte fonda, offrendo caffè, cornetto farcito di nutella e una fresca macedonia di frutta e naturalmente una limonata, rigorosamente premuta a mano (per rispettare la tradizione lo spremiagrumi è quello a leva di sempre). Da oltre cinquant’anni per scelta del capostipite e oggi per volontà del figlio, non si vendono superalcolici « solo la birra – dice Mario – è presente nel chiosco dove in poco spazio non mancano l’aria condizionata e una lavastoviglie anche se in proporzioni ridotte». È una tappa obbligata, dove igiene, cortesia e velocità fanno di Mario (per tutti Aurelio), il Re degli acquaioli, custode di una antica tradizione. Qui si possono gustare le spremute di agrumi, ben 13 tipi di granite tutte con frutta fresca. Tra i più richiesti: il pan di stelle (l’ultima arrivata),  l’ americano, il fior di fragola, il cantalupo, la banana, il limone, la mandorla e il cocco, ma soprattutto si viene da “Aurelio” per il cocktail digestivo fatto di bicarbonato, acqua di Telese o di seltz super frizzante e tanto…tanto succo di limone, «qui si usano solo i limoni di Sorrento», chiarisce Mario, un vero toccasana dopo un pasto abbondante, un “calice” di salute ricco di vitamina “C” al posto di bibite dalla formula ignota e tanto pubblicizzate dalle multinazionali.L’acquafrescaio “Aurelio” fa rivivere un mestiere antico della Napoli che fu - Sapori News

Andando indietro nel tempo vogliamo ricordare le antiche botteghe di quasi due secoli fa che erano molto singolari, tutte in marmo bianco, contornato di limoni ed arance pronti per le spremute e con la presenza anche di bottiglie di anice. Questi ingredienti semplici miscelati diventavano degli ottimi cocktail per la Napoli bene, perché magari la gente del popolo poteva permettersi solo quei bei bicchieroni d’acqua con un sapore unico. L’acqua contenuta in un vaso metallico a base larga veniva immersa in una botte rivestita di pece nera con dentro della neve che concorreva a raffreddarla e a dissetare i clienti. Molto amata e bevuta era a Napoli anni orsono l’acqua “suffregna” che sgorgava da una sorgente a via Chiatamone, ormai sepolta sotto il lungomare, come anche si è persa nella notte dei tempi la tradizione di un’altra figura storica, il venditore d’acqua di Serino, che portava un recipiente di zinco di circa trenta litri, un dosatore per l’anice ed un secchio per sciacquare i bicchieri, gridando il suo motto “Chi vò Vevere”. L’ acquaiolo era, dunque, il venditore girovago di acqua da bere, contenuta in damigiane adagiate in ceste di vimini e trasportate su un carretto di fortuna trainato a mano o all’occorrenza da un asinello. Non vi era maggior sollievo che bere un bicchiere d’acqua fresca e limone offerto dall’acquaiolo insieme ad una grattugiata di ghiaccio insaporita da sciroppi vari, precursore delle attuali granite. Napoli milionaria, Napoli dai mille colori, Napoli della pizza, Napoli del teatro, del cinema, della musica, della cultura, dell’arte, è sempre la Napoli che più amiamo, quella delle cose belle ritrovate di un tempo e che per fortuna oggi il Comune a ben ragione vuole premiare.

Harry di Prisco