Sette declinazioni della bevibilità in chiave contemporanea sono state presentate da Giampaolo Gravina a Bottiglie Aperte.
Un personaggio con un curriculum di tutto rispetto che ha spaziato da vice-curatore per la guida I Vini d’Italia dell’Espresso dal 2002 al 2016 e collaborazioni con riviste come Enogea, Pietre Colorate e Cook_inc.. Co-autore, con altri noti autori, di libri partecipa e conduce a degustazioni, laboratori, seminari e convegni con un interesse consolidato per la critica del gusto e i suoi linguaggi. Attualmente insegna al Master in Wine Culture dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e al Master in Filosofia del cibo e del vino dell’Università Vita & Salute di Milano.
Il primo vino assaggiato è stato il Rouchet Briccorosa 2014 di Scarpa, antica casa vinicola di Nizza Monferrato, che ha proposto l’ultima annata in commercio. Questa etichetta è prodotta sin dal 1970 con uve Ruché. Dopo la creazione della DOC Ruché, essendo fuori zona, è stato scelto di darle l’attuale nome. Il vigneto a 400 metri ha un suolo dalla componente in parte sabbiosa. Il vino ottenuto da una vendemmia non semplice conservava ancora un colore rosso rubino intenso, una bella vivacità aromatica al naso con fiori, iris e camomilla, per poi passare alle tipiche note speziate tra cui il chiodo da garofano. L’assaggio aveva un ottimo equilibrio tra morbidezza, sapidità, data dalla presenza di magnesio nel terreno, e acidità.
Römigberg schiava 2016 di Alois Lageder è stato il secondo vino proposto. Alois personaggio di grande determinazione, come ha affermato Giampaolo, ha nella seconda metà degli anni novanta indirizzato la sua cantina e i suoi vigneti prima al biologico per poi passare al biodinamico. Ottenuto da viti dalla grande differenza di età, da 7 a 73 anni, durante la fermentazione ha una macerazione estesa effettuata in parte in botti di legno grande. In seguito affina sia in acciaio che in botti di legno grande dove parte delle uve sono lasciate a macerare su bucce e raspi per 6 mesi. Una lucente tonalità rosso rubino nel calice precedeva profumi fragranti di frutti e bacche di bosco, di prugne seguiti poi da una nota floreale e un accenno di pietra focaia. Il sorso è stato mediamente morbido, delicato, secco, ricco di tannini, fresco con una buona persistenza e un finale fruttato.
Seguiva la Sicilia con il Cerasuolo di Vittoria DOCG 2016 di Gulfi: ottenuto da uve Nero d’Avola 50%, Frappato 50% ha una vinificazione in acciaio con breve macerazione a cui seguono 8 mesi di affinamento in acciaio. Salvo Foti, appassionato ambasciatore dei vini etnei, è l’enologo della cantina. Un colore rosso rubino limpido precedeva un naso decisamente fruttato, con sentori di anguria, fragoline di bosco, seguito da note di erbe aromatiche, con una piacevole chiusura minerale. La bocca era morbida e polposa, finemente tannica, di ottima freschezza e sapidità.
La quarta etichetta è stata Torrazzo Valtènesi DOC 2015 dell’azienda Pratello di Padenghe sul Garda in provincia di Brescia, dove la cantina fa parte di un Wine Resort. E’ ottenuto da un uvaggio di Groppello, uva autoctona coltivata prevalentemente sul lago di Garda, e Marzemino. Dopo una tonalità rosso rubino limpido aveva profumi che spaziavano dalla frutta di sottobosco alla ciliegia e al lampone, poi al floreale della viola. L’assaggio aveva una spalla di acidità ben integrata, equilibrata da sapidità, una piacevolezza e al tempo stesso una complessità di beva, buona persistenza con ritorni fruttati e floreali.
Lamole di Lamole Chianti Classico DOCG del 2014 è stato il vino successivo. E’ ottenuto da vigneti tra i 500 e 650 metri sopra Greve in Chianti, su terreni di forte pendenza con terrazzamenti e un suolo pietroso con scisti e arenarie di galestro. La scelta della cantina è di fare una vendemmia leggermente posticipata per avere la miglior maturazione possibile delle uve. La composizione è prevalentemente di Sangiovese al 90%, 10% tra Canaiolo e Malvasia nera. La vinificazione viene effettuata con una macerazione di circa 7-10 giorni in un ambiente ridotto con intervento di microssigenazione. Dopo 6 mesi in acciaio il vino viene immesso in botti grandi di rovere da 70 ettolitri. Dopo avere esordito con un colore rubino intenso, all’olfatto aveva i tipici sentori floreali di viola mammola e fruttati di ciliegia, di bacche rosse e una sfumatura minerale. La beva aveva freschezza e sapidità, una buona morbidezza con un piacevole finale si dalle fragranti note fruttate e balsamiche.
Il penultimo assaggio è stato Coste della Sesia Casteltorto 2014 di Tenute Sella ottenuto al 60% da Nebbiolo, 35% di Croatina e 5% di Vespolina. Dopo la classica fermentazione, la malolatica svolta in legno, affina in tini di rovere di Slavonia per 14 mesi. Il vino aveva una tonalità rubino, con riflessi granato, seguito da ampi profumi floreali da viole, con un soffio di rose rosse. Poi frutta piccola dalla marasca al lampone, al mirtillo. A chiudere note erbacee e minerali con una sfumatura che ricorda il ferro. Il sorso era abbastanza armonico segnato da una buona freschezza e persistenza.
L’ultimo vino in assaggio era un Montepulciano d’Abruzzo Ottobre rosso 2016 di Tenuta I Fauri. Ottenuto da impianti con un caratteristico sistema di allevamento, una vinificazione con macerazione fermentativa per 10/12 giorni in cemento, svinatura e affinamento in cemento per 9 mesi non prevede uso di legno in nessun passaggio. E’ stato definito da Giampaolo Gravina “Succoso ed energico !”. Siamo d’accordo perché abbiamo trovato in questo vino, dal colore rosso rubino con riflessi violacei e una bella trasparenza, un bouquet che spazia da frutta rossa, in particolare delle visciole, al cuoio, alla grafite. L’assaggio polposo di frutta rossa ha un tannino ben integrato per un sorso gradevolissimo.
Tutti i vini della degustazione sono stati senza dubbio bevibili, leggeri e all’altezza della loro riscossa.
Giovanna Moldenhauer