Albino Armani Viticoltori dal 1607 ha presentato nell’ultima edizione di un fortunato Vinitaly due nuove etichette friulane firmate Terre di Plovia, la linea che celebra i vitigni autoctoni dell’Alta Grave: ecco Sciaglin e Ucelut

A Vinitaly due nuove etichette autoctone per Albino Armani 

Vinitaly ha recentemente concluso un’edizione straordinariamente riuscita, segnata da un’affluenza e numeri in ascesa: un evento importante per Albino Armani Viticoltori dal 1607, che ha esposto le sue innovazioni presso uno stand affollato sia da collaboratori di lunga data che da nuovi partner, oltre a professionisti del settore e giornalisti, introducendo le ultime creazioni di Terre di Plovia, l’iniziativa friulana del 2022 per la promozione dei vitigni locali, ora impreziosita da due nuovi vini: Sciaglin e Ucelut, entrambi IGT Venezia Giulia, ottenuti da varietà autoctone pure che ne danno il nome.

Per Albino Armani Viticoltori dal 1607, l’attenzione ai vitigni autoctoni non è un semplice trend passeggero, ma una tendenza che ha guadagnato popolarità tra esperti e amatori, desiderosi di esplorare i tesori nascosti del vino italiano. Per l’azienda, queste varietà rappresentano un profondo rispetto e amore per la terra d’origine, che trasmette attraverso di loro una identità distintiva e inconfondibile.

Le uve autoctone del nordest per queste due nuove etichette

Spesso trascurate per lasciar posto a vini più profittevoli o diluite in miscele, le uve autoctone del Nordest hanno da sempre affascinato Albino Armani, che negli ultimi quarant’anni, insieme alla moglie Egle Capilupi e ora con il figlio Federico, ha dedicato la sua vita al recupero e alla valorizzazione delle varietà tradizionali legate alla storia enologica del Veneto e, più di recente, del Friuli. Grazie a questa passione, possiamo oggi apprezzare eccellenti vini come il Casetta (Foja Tonda in dialetto locale, dal 2007 DOC Valdadige Terradeiforti) e la Nera dei Baisi, parte della collezione “Conservatoria”, un’eredità che negli anni ’80 era a rischio di estinzione.

Questa passione per riscoprire la storia dell’antica viticoltura locale si è estesa anche al Friuli Venezia Giulia, in particolare nell’Alta Grave Friulana a Valeriano, dove l’azienda possiede una proprietà e ha recentemente lanciato il progetto Terre di Plovia, presentato nel 2022. Terre di Plovia, che deriva il suo nome dall’antico nome del luogo dove si stabilì la dinastia feudale dei Plovia nel medioevo, ha visto Albino Armani introdurre sul mercato vini realizzati con antiche varietà autoctone di questa regione vinicola del Friuli ancora poco esplorata. Nonostante le condizioni climatiche quasi estreme, che sfidano i limiti della viticoltura (situata a nord, sotto le Alpi Carniche e in un clima prealpino), l’area si rivela straordinariamente adatta alla coltivazione di specifiche varietà di uva.

Armani ha iniziato con discrezione, dando vita a due blend unici: uno dalle varietà internazionali e l’altro dalle uve autoctone delle alte Grave, entrambi poco conosciuti ma molto promettenti. Da questo processo nascono due vini distintivi: il bianco Flum e il rosso Piligrin. Nel Flum, oltre al Chardonnay, si distingue lo Sciaglin, un’antica varietà locale, mentre nel Piligrin il Merlot si fonde armoniosamente con il Piculit Neri.

Albino Armani e l’amore per il territorio

Nel 2024, Albino Armani va oltre e, durante Vinitaly, lancia Terre di Plovia 2.0, introducendo due etichette inedite da vitigni puri autoctoni, denominate Sciaglin e Ucelut. Lo Sciaglin, che in friulano significa “terrazzamento”, e l’Ucelut, nome che evoca le piccole uve selvatiche amate dagli uccelli, erano quasi scomparsi ma sono stati riscoperti da Armani. Come già fatto in Vallagarina, li ha ripiantati nei vigneti di Valeriano, a Pinzano al Tagliamento, in Friuli. In questa regione collinare, caratterizzata da notevoli sbalzi termici e suoli di limo, sabbia e argilla, lo Sciaglin e l’Ucelut trovano l’espressione più sincera della loro identità.

Armani, nel perseguire questo progetto, si è immerso non solo nella protezione del territorio ma anche in una prospettiva culturale, dove il vino trascende il suo ruolo di prodotto per diventare custode della storia e dell’identità del luogo di origine.