No show è stato il tema dell’ incontro organizzato, presso Arte del Convivio a Milano, da TheFork e Identità Golose. Si è parlato del no show nei ristoranti, magari sottovalutato dal cliente, ma un vero salasso per i ristoratori, soprattutto di alto livello: ” per me una perdita di circa 35mila euro l’anno” sottolinea Claudio Sadler nel suo intervento durante il convegno.
Come contrastare questa pratica, diffusa soprattutto tra la clientela straniera? I mezzi ci sono, come, ad esempio, crearsi una piattaforma online – The Fork si candida in questo senso – per gestire la prenotazione, profilare il cliente (il che peraltro garantisce anche ulteriori vantaggi di vario tipo), richiedergli all’atto della conferma il numero di carta di credito in termini del tutto legali.
A garantirlo è stato Giuseppe Giulio Luciani, professore a contratto all’Università di Parma, intervenuto per spiegare i profili giuridici della faccenda a una platea della quale facevano parte intanto tutti i vertici delle associazioni di categoria, oltre al già citato Sadler (presidente de Le Soste) anche Luca Marchini (presidente Jre Italia), Cristina Bowerman (presidente Ambasciatori del Gusto), Marco Sacco (presidente Chic), Rocco Pozzulo (presidente Fic), Lino Stoppani (presidente Fipe), Ciccio Sultano (presidente Le Soste di Ulisse), Roberto Carcangiu (presidente Apci). E poi alcuni altri tra i più grandi chef e ristoratori italiani: Enrico Cerea, Antonio Santini, Davide Oldani, Angelo Sabatelli, Alessandro Pipero, Claudio Liu, Enrico Buonocore, il platea abbiamo anche visto Cesare Battisti e Seby Sorbello.
Alla presenza di questa qualificata platea e di numerosi giornalisti, Paolo Marchi, ideatore della kermesse gastronomica Identità Golose, ha sottolineato, introducendo il dibattito: «è bello che ci si ritrovi qui tutti insieme per far fronte comune, per risolvere un problema».
Tutti erano interessati ad ascoltare il docente perché, come abbiamo scritto in passato (Sabatelli, guerra al no show, Fare i conti con i clienti cafoni), sui profili legali in materia c’è (c’era) parecchia insicurezza. Lui ha tranquillizzato tutti: «Chiedere la carta di credito al momento della prenotazione non comporta problematiche giuridiche: certo lo si deve fare in maniera corretta e, in questo senso, la tecnologia può fornire un grande aiuto. La penale deve essere commisurata e proprio quest’anno, poi, è previsto l’avvio delle transazioni cosiddette “Iban to Iban”, che potranno quindi consentire un trasferimento di denaro senza passare attraverso la carta di credito stessa: una svolta».
Almir Ambeskovic, responsabile per l’Italia di TheFork, ha illustrato gli strumenti che una piattaforma come quella da lui rappresentata mette in campo a favore degli chef perché l’incidenza del no show sia ridotta al minimo: «Noi siamo qui da due anni, lavoriamo con 40mila locali nel mondo, 8mila in Italia, siamo in grande crescita. Per questo posso assicurarvi che prenotare online è la strada del futuro, noi supportiamo il ristorante mandando mail e sms di conferma e recall, consentendo a chi ha prenotato di cancellare la pratica per tempo semplicemente con un click, annullando le prenotazioni multiple, profilando il cliente in modo che il gestore del locale possa sapere se è affidabile o meno. Così potete concentrarvi sulla gestione della vostra attività senza ulteriori preoccupazioni. Con TheFork l’incidenza del no show è minima, del 2,8% nel dicembre 2016».
In questi mesi TheFork ha testato il sistema introducendo l’obbligo di carta di credito nelle prenotazioni da Sadler attraverso la propria piattaforma. Esito: alto volume di riservazioni, zero clienti fantasma. I limiti del sistema: 1) si presta solo per i ristoranti di un certo profilo, non certo alla locanda-pizzeria all’angolo; 2) è più efficace (poiché annulla qualsiasi effetto dissuasivo potenziale) se diventa un sistema adottato da tutti o quasi tutti i locali di alta cucina in Italia. Si trasforma così in una sorta di regola, di nuova impostazione culturale, e come tale non può essere che accettata anche in Italia: perché il paradosso, rilevato da molti interventi, è che all’estero tali pratiche contro il no show sono diffuse – ad esempio nel Nord Europa e nei Paesi anglosassoni – mentre nel Belpaese a non presentarsi all’appuntamento col gusto sono in gran parte gli stranieri, per la verità perlopiù quelli provenienti da aree di nuova ricchezza, come Russia, Cina, Brasile, che spesso passano dalle conciergerie dei grandi hotel dove alloggiano per richiedere la disponibilità di un tavolo al ristorante famoso.
Ecco alcuni interventi di grandi chef, ristoratori e professionisti del settore sul tema del no show e sulle strategie da adottare per tentare di risolvere il problema.
Davide Oldani: «Io ho introdotto la carta di credito al D’O nel luglio 2014, quando me l’ha imposto la legge. Ho il dubbio che questo problema del no show si possa risolvere a sua volta solo attraverso una legge specifica» (Luciani gli ha risposto che più che una legge serve una scelta comune del settore, che faccia proprio un contratto standard, ben steso, da sottoporre al cliente al momento della prenotazione online).
Filippo Cervi, ceo XDeers: «Dal 1997 a oggi ho vissuto lo stesso problema nel mio settore, quello delle prenotazioni alberghiere. Vi serve un cambio di mentalità da trasferire ai vostri clienti: oggi molti vostri colleghi hanno difficoltà a rinunciare al librone cartaceo delle prenotazioni proprio come gli albergatori trent’anni fa. Invece dovete accettare la sfida della tecnologia, che vi aiuta anche nel rapporto col cliente, penso alla marketing automation».
Cristina Bowerman: «Sono due anni che ho introdotto con successo un sistema di prenotazioni online, con richiesta di carta di credito soprattutto nei confronti degli stranieri, che vi sono più abituati e non sanno esattamente come la cosa funzioni in Italia. Attivo le penali solo nelle serate di pienone, quando accetto l’overbooking perché so che qualche tavolo sarà sempre disdetto all’ultimo o ci sarà un no show».