«In questi tredici anni abbiamo assistito a un miglioramento della qualità degli oli extravergini italiani, dell’attenzione alla biodiversità e ai temi ambientali e a un importante ricambio generazionale che ha permesso di vivacizzare alcune zone italiane». Così Diego Soracco, curatore del volume, presenta la Guida agli extravergini 2013, pubblicata da Slow Food Editore a Slow Fish, la manifestazione di Slow Food che si è chiusa a Genova. I problemi maggiori si riscontrano nel settore della ristorazione, dove «ancora troppo spesso i cuochi tendono a considerare gli oli come puri aggreganti, senza dare il giusto valore alla qualità». Afferma Antonio Terzano, chef del ristorante Dentro le mura di Termoli (Cb): «Come cuoco, ho sempre pensato che decidere di proporre piatti a base di pesce locale per poi rovinarli con oli di scarsa qualità sia inutile e dannoso. Il problema è la troppa concorrenza con oli meno buoni e a bassissimo prezzo, che sono un vero e proprio attentato all’economia locale, ritengo anche fondamentale il nostro ruolo nello spiegare ai clienti l’importanza di un buon extravergine, per aiutarli a scegliere in modo consapevole e districarsi in un mercato spesso complesso».
Difficoltà dietro i fornelli, ma non solo: anche dal punto di vista legislativo e delle frodi la situazione non è rosea. «Con la legge salvaolio si stanno facendo passi in avanti per migliorare la visibilità delle etichette e fornire maggiori tutele ai consumatori, ma il percorso è ancora lungo». Etichette troppo piccole e poco visibili, informazioni importanti nascoste o non ammesse da vincoli legislativi. Stefano Masini, responsabile Area Ambiente e Territorio di Coldiretti, denuncia la filiera parallela che minaccia il mercato italiano. «Purtroppo troppi prodotti arrivano dall’estero e sono spacciati come italiani, minando alla base chi cerca di fare un prodotto di qualità». Secondo i dati Ismea, nel 2012 sono state prodotte in Italia 400.000 tonnellate di olio e confezionate 539.000. «Pensate che la Toscana produce il 3% di tutto l’olio italiano ma ne confeziona quasi il 50%, segno di un mercato che importa tantissimo e in cui si nascondono possibili frodi». Non mancano infatti i sequestri di olio tunisino e spagnolo che poi viene venduto come nazionale a prezzi bassissimi, decisamente inverosimili. Problema che ritroviamo anche all’estero, come racconta Carla Capalbo, giornalista dell’Huffington Post: «In America abbondano gli oli venduti come extravergine, addirittura light!, ovviamente tutti con nomi di aziende italiane».
Sono 772 le aziende presenti nella Guida agli extravergini 2013 di Slow Food Editore, di cui 12 insignite della Chiocciola, il riconoscimento assegnato alle realtà per la loro interpretazione dei valori organolettici, territoriali e ambientali in sintonia con i principi Slow Food. Sono, invece, 1131 gli extravergini recensiti, di cui 58 Grandi Oli, che si distinguono per pregio organolettico, aderenza al territorio e cultivar autoctone, e 25 Oli Slow, ottenuti con pratiche agronomiche sostenibili e caratterizzati da un buon rapporto qualità-prezzo.